Il giorno che sequestrarono Massimo Boldi io non c’ero

Il giorno che sequestrano Massimo Boldi io non c’ero

Il giorno che sequestrarono Massimo Boldi io non c’ero. Come sempre. Quando accade qualcosa io non ci sono mai. Quasi un karma famelico che mi trascino dietro, una maledizione giunta a me da chissà quale strega, magari un parente lontano che si macchiò di un delitto indescrivibile, oppure un semplice tradimento avvenuto sulle montagne attorno al lago di Pilato e saldato con il malocchio per le generazioni a venire. Comunque io non c’ero. Mancavo. Assente. Come tanti altri a dire il vero. La prima settimana passò in silenzio, la mancanza di Massimo Boldi non fu segnalata da nessuno, tutto tacque sul circuito mediatico. Forse i parenti si misero in allarme, qualche amico gentile, annoiati followers di Twitter senz’altro. Proprio da lì partì l’allarme. Prima come uno scherzo, poi montò a valanga. Dov’è Massimo Boldi? Fuggito su qualche isola tropicale? Magari con qualche avvenente femmina che lo soffoca d’amore sincero? Oppure peggio? I giornali cominciarono a tirar fuori la storia, dapprima nei colonnini delle curiosità, ma poi arrivò la televisione. Ricordo, questo si con apprensione, la prima trasmissione del pomeriggio che si occupò del caso. Tetra, senza speranza, pareva morto e sotterrato accanto a rifiuti tossici in Campania, oppure vittima di qualche stalker travestito da ammiratore. Tutte le ipotesi furono passate al setaccio. Dopo pochi giorni, ecco la prima serata!, esperti ed opinionisti a lanciare il loro vangelo dentro le case degli italiani, assenti ed annichiliti dalla notizia. Dov’è il cipollino? Ecco, questo titolo a caratteri a prova di ipovedente ancora calpesta la mia retina. Appeso all’edicola aveva causato resse e qualche piccolo incidente di poco conto. Dov’è il cipollino? Poi arrivò la fotografia, che in tempi di digitale suonò malsana. Sembrava realizzata con una Kodak Instamatic, comunque sorella dei nostri ricordi d’infanzia. Formato quadrato, colori leggeri tendenti al rosso e al marroncino chiaro, raffigurava un uomo che senz’altro poteva ricordare lui, il nostro cipollino. Seduto su delle cassette da frutta, quello in legno leggero che ancora si trovano nascoste dietro i banchi dei mercati rionali, guardava in basso senza sguardo. Chissà cosa dove volva il suo sguardo. Perché sicuramente non scrutava nulla che avesse la forza di interessarlo, vista la posa morbida, quasi sbracata. Una canottiera bianca, o almeno sembrava tale in origine, perché ora zeppa di macchie d’ogni forma e tonalità di ocra. Avete presente quelle che indossavano i muratori un tempo? Quelle senza maniche, con quelle righine trasversali in rilievo? Ecco quella. E con lei il pendant perfetto, mutande dello stesso cotone spesso, con l’apertura davanti per facilitare la minzione. Ocra a tratti pure quelle. I giornalisti si affrettarono a chiedere alla famiglia se quello era il suo intimo naturale, se amava intrattenere le sue carni con ricordi provenienti in pieno dagli anni settanta. Ma sembrava di no. Amava l’intimo di marca, anche costosetto. Quindi il nostro cipollino è stato costretto al cambio? Lì si aprì un fronte di polemiche assurde. Sequestrato per scopi sessuali fu il verdetto. Ma dopo tutto sembrò più chiaro. La lettera, o meglio lo scatolone dove veniva elencato con un pennarello verde la motivazione del sequestro – ricevuto pare all’indirizzo del pied a terre di un anonimo giornalista parlamentare – svelava l’arcano. Dopo 40 giorni abbiamo tutti capito il motivo del sequestro. Nessuna estorsione, niente violenza sessuale o ricatto morale. Massimo Boldi è stato rapito per fini politici. Immediatamente i quotidiani uscirono all’unisono con “…son tornate le Brigate Rosse” , cosa che rese palese al mondo la pochezza del giornalismo italiano. Almeno dal punto di vista della fantasia dei titolisti. Soliti speciali in prima serata, approfondimenti in seconda e retrospettive cinematografiche in terza. Soprattutto quelle risvegliarono nel cuore degli italiani la nostalgia del Boldi. Vederlo nelle sue prove attoriali e saperlo nascosto e lontano smosse il sentimento Patrio degli abitanti dello stivale. Anche perché la motivazione politica non venne subito fuori e questo scatenò la reazione pubblica opinione. Cominciarono gli inventari di complotti, segreti e altre esoteriche elencazioni. Un brodo inutile. La notizia però esplose inopinatamente e a tutti apparve nuda, cruda, senza possibilità d’incomprensione. I sequestratori avevano disseminato Milano, Roma, Bari e Vercelli di audiocassette – sì, quelle in uso fino alla metà degli anni ottanta – ponendole nei cassonetti dei rifiuti del vetro e dell’alluminio. Quei posti, e i nostri terroristi senza colore l’hanno fatto di proposito, sono frequentati dai giovanissimi rom che prelevano quello che noi consideriamo rifiuti per rivenderli, per tirare a campare. In meno di una settimana i mercatini di bric-à-brac di mezza Italia si riempirono di strane cassette colorate con l’effige di Massimo Boldi. Nel nastro era conservata la voce del sequestrato che rivolgeva una serie di appelli: alla famiglia, a tutti i suoi ammiratori, a Christian De Sica e uno al popolo italiano. Nel resto del nastro le motivazione del sequestro da parte dei terroristi. Una bomba. Difatti esplose in poche ore nelle case di tutti gli italiani. Il gruppo terroristico, autonominatosi Istigazione Nazionale alla Rivolta Italiana (INRI l’acronimo e come marchio il numero 1201 su una stella gialla) richiedeva l’immediato scioglimento del Parlamento italiano, le dimissione del governo e del Presidente della Repubblica, le dimissioni di tutti i componenti della Consulta, del Consiglio Superiore della Magistratura, della Corte dei Conti e delle più alte cariche militari. Poi le dimissioni dei presidenti e delle giunte regionali, nonché dei comuni sopra i 100.000 abitanti. Le richieste proseguivano con la convocazione di elezioni per istituire una assemblea costituente, a cui erano chiamati i cittadini dai 15 anni in poi e gli stranieri che vivevano sul territorio da almeno due anni. Alle elezioni non potevano partecipare tutti i cittadini che avevano avuto incarichi politici ed amministrativi fino al giorno del rapimento Boldi. Seguiva un elenco perfetto degli esentati al voto letto proprio da Massimo Boldi. La Costituente doveva ridisegnare lo Stato Italiano nella forma e nei modi dettati dalla Costituzione. In caso contrario Massimo Boldi veniva sacrificato, o meglio, assassinato dall’ abusivo Stato Italiano. Le televisioni, i giornali, le radio e tutta la rete impazzirono. I pro superavano i contro, ma subito dopo i contro battevano i pro. Il Parlamento venne convocato in seduta comune, mentre i sindaci cominciavano a dimettersi. Le strade si riempirono di migliaia di persone con la maschera di Boldi. Cominciava l’inferno. Da tutta Italia giunsero a Roma centinaia di batteristi armati di rullante, cassa e charleston, e con in faccia il cartonato del viso di Boldi, cominciarono a suonare un tempo dispari davanti al Senato, alla Camera e al Quirinale. La polizia era divisa sul da farsi, così come i carabinieri. Il fragore era assordante, tra il ritmo impazzito, le urla e i cortei. Boldi libero in libero Stato gridavano. Le mura di ogni città erano zeppe di scritte inneggianti a Massimo Boldi e al suo sacrificio per salvare la democrazia. Il tutto durò una settimana. Io partecipavo come potevo alla protesta, dividendomi tra la batteria che avevo piazzato sotto palazzo Chigi, assieme ad altri 5.231 batteristi (il totale poi delle batterie a Roma fu censito in 19.564), e le assemblee per i condomini. Alla fine il Presidente della Repubblica si dimise e con lui tutto l’armamentario della Stato. L’ultimo a dare le dimissioni fu il presidente della regione Calabria. Le elezioni per l’assemblea costituente ci saranno tra una decina di giorni. Massimo Boldi è nella lista Cittadini Liberi e Ritmici. E’ il favorito. Io ho conosciuto una batterista sensualissima e mi sono fidanzato. Forse ci sposeremo. La chiamo Massima quando facciamo l’amore. Lei invece urla Boldi ogni volta che raggiunge uno dei suo violenti orgasmi. Il vecchio Presidente della Repubblica è morto l’altro giorno. Per i dispiaceri dicono. Farò l’amore con il mio amore il giorno del suo funerale.

Roberto Giannotti